#II Mostro di Firenze
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Hannibal Lecter is pure delight
🔥I wanna bite🔥
I beg.... I love men in leather, I want to be his dessert.
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Brindisi: il porto in un disegno che passò per le mani del Boccaccio
di Armando Polito
La Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze custodisce un manoscritto (Plut. 35.231) del XII secolo2, restaurato nel XIV, che fu posseduto e postillato dal Boccaccio3. Esso contiene la Pharsalia di Lucano (I secolo d. C.), poema che ha come argomento la guerra civile che oppose Cesare a Pompeo. L’immagine che segue è la riproduzione della carta 17r.
Sulla sinistra sono riportati i versi vv. 616 (Nec tamen hoc artis inmissum faucibus aequor)-665 (ipsa, caput mundi, bellorum maxima merces) del secondo libro con annotazioni sparse ai margini, mentre sulla destra si nota un disegno, anche questo preceduto, affiancato e seguito da annotazioni. Tutto non è casuale, perché i versi costituiscono la parte iniziale dell’episodio dell’assedio di Brindisi (9-18 marzo 49), dove Pompeo si era asserragliato, da parte di Cesare e il disegno ne rappresenta il porto. Tuttavia la descrizione del porto inizia dal v. 610 e termina al 627, versi che di seguito riporto e traduco. Urbs est Dictaeis olim possessa colonis,/quos Creta profugos vexere per aequora puppes/Cecropiae victum mentitis Thesea velis./Hinc latus angustum iam se cogentis in artum/Hesperiae tenuem producit in aequora linguam,/Hadriacas flexis claudit quae cornibus undas./Nec tamen hoc artis inmissum faucibus aequor/ portus erat, si non violentos insula Coros/exciperet saxis lassasque refunderet undas./Hinc illinc montes scopulosae rupis aperto/opposuit natura mari flatusque removit,/ut tremulo starent contentae fune carinae./Hinc late patet omne fretum, seu vela ferantur/in portus, Corcyra, tuos, seu laeva petatur/Illyris Ionias vergens Epidamnos in undas./Hoc fuga nautarum, cum totas Hadria vires/movit et in nubes abiere Ceraunia cumque/spumoso Calaber perfunditur aequore Sason.
(Questa città [Brindisi] fu posseduta un tempo dai coloni dittei4 che, profughi da Creta, navi cecropie5 trasportarono attraverso il mare, quando le vele diedero la falsa notizia che Teseo era stato vinto6. Da qui un angusto tratto dell’Italia che già si restringe sospinge nel mare una tenue lingua che racchiude le onde dell’Adriatico con corna ricurve. Tuttavia questo mare immesso in strette gole non sarebbe un porto se un’isola non smorzasse con le sue rocce il violento maestrale e non respingesse onde stanche. Da una parte e dall’altra la natura ha opposto al mare aperto l’altezza di rocciosa scogliera ed ha tenuto lontani i venti in modo che le imbarcazioni potessero stazionare trattenute da una tremula gomena. Da qui si estende il mare aperto sia che si spieghino le vele verso i tuoi porti, o Corcira, sia che si cerchi di raggiungere a sinistra Epidamno d’Illiria che si protende verso le onde dello Ionio. Questo è il rifugio dei marinai quando l’Adriatico scatena tutta la sua forza e i monti Cerauni svaniscono tra le nubi e la calabra Sason è sommersa dal mare spumeggiante)
Passo ora al dettaglio ingrandito del disegno.
Purtroppo lo stato di conservazione (o la qualità della digitalizzazione) non consente la decifrazione di tutte le parole che in esso compaiono in punti strategici, complice anche l’interferenza della scrittura sul verso. Sarebbe strano che il disegno si riferisse all’aspetto che il porto aveva al momento in cui fu tracciato e non fosse invece una ricostruzione virtuale di com’era al tempo della guerra civile, una rappresentazione grafica, insomma, di quanto descritto nei versi della colonna a sinistra.
Dall’alto in basso :
IN
SULA È l’isola di S. Andrea prima ricordata nel verso 617. Non riesco ad attribuire un significato alla corona circolare che la cinge, se non l’allusione ad una struttura difensiva, il che suppone l’esistenza di fabbriche all’interno, come chiaramente si vede in un altro disegno presente in un codice ancora più antico del nostro (è dell’XI secolo), del quale mi sono occupato in https://www.fondazioneterradotranto.it/wp-admin/post.php?post=93632&action=edit e che di seguito riproduco.
MARE MARE
por tus da notare il suo contorno regolare, un cerchio quasi completo, con la circonferenza, però, ad intervalli regolari sovrascritta da sporgenze ed incavi che sembrano alludere ad altrettanti moli. All’interno due torri ed una fabbrica più alta molto simile a quella accanto alla torre nel disegno più antico.
mons mons Alla lettera dovrebbero essere un monte per parte. Mi pare, però, che nel diario di Cesare non ci sia un riferimento preciso nell’elenco delle opere messe in atto per l’assedio, come il lettore potrà facilmente constatare.
Commentarii de bello civili, I, 25, 5-10: Qua fauces erant angustissimae portus, moles atque aggerem ab utraque parte litoris iaciebat, quod his locis erat vadosum mare. Longius progressus, cum agger altiore aqua contineri non posset, rates duplices quoquoversus pedum triginta e regione molis collocabat. Has quaternis ancoris ex quatuor angulis destinabat, ne fluctibus moverentur. His perfectis collocatisque alias deinceps pari magnitudine rates iungebat. Has terra atque aggere integebat, ne aditus atque incursus ad defendendum impediretur; a fronte atque ab utroque latere cratibus ac pluteis protegebat; in quarta quaque earum turres binorum tabulatorum excitabat, quo commodius ab impetu navium incendiisque defenderet.
(Dove l’imboccatura del porto era strettissima faceva gettare massi e costruire un argine dall’una e dall’altra parte della costa, poiché il mare in quel punto era poco profondo. Allontanandosi da lì, poiché un terrapieno non poteva resistere per l’acqua troppo alta, faceva collocare a partire dal punto dell’argine una coppia di zattere di trenta piedi per lato. Le faceva fissare con quattro ancore ciascuna dai quattro angoli perché non fossero spostate dai flutti. Finito di realizzarle e collocarle, ordinava poi di aggiungere altre zattere di pari grandezza. Le faceva ricoprire di terra e materiale per colmare, perché non fosse impedito l’accesso e il passaggio per difendersi; faceva proteggere la parte frontale ed entrambi i fianchi con graticci e ripari mobili; su ciascuna quarta zattera faceva innalzare torri di due piani, per difendersi meglio dall’assalto delle navi e dagli incendi)
Tuttavia il dettaglio che ho sottolineato nel testo originale ed in traduzione risulta chiamato monte anche in una tavola di Andrea Palladio a corredo di molte edizioni7 dell’opera di Cesare, a cominciare dalla prima, dalla quale l’ho tratta: in Commentari di Caio Giulio Cesare con le figure in rame degli alloggiamenti, de’ fatti d’arme, delle circonvallationi, delle città, et di molte altre cose notabili descritte in essi fatte da Andrea Palladio per facilitare a chi legge la cognizione della storia, De Franceschi, Venezia, 1575. Con la circonferenza bianca ho evidenziato ciò di cui si parla.
brundi
sium scritto nel vuoto di quella che ha tutta l’aria di essere la porta principale di accesso alla parte più interna della città. Se non fosse una carta storica, cioè riferentesi ai tempi di Cesare, avrei supposto che potesse essere laporta maggiore, cioè Porta Mesagne fatta costruire da Federico II nel 12432.
ITALIA
__________
1 http://mss.bmlonline.it/s.aspx?Id=AWOIfaZKI1A4r7GxMIXk#/book
2 Così si legge in https://flore.unifi.it/handle/2158/952178?mode=full.624#.XpQppv0za-w nella scheda compilata da Laura Regnicoli.
3 https://flore.unifi.it/handle/2158/952178?mode=full.624#.XpQppv0za-w
4 Da Ditte, monte di Creta.
5 Ateniesi; da Cecrope, antichissimo re dell’Attica, fondatore della rocca di Atene.
6 Il riferimento è legato al tributo dovuto da Atene a Minosse, re di Creta, dal quale era stata sconfitta: il sacrificio annuale (secondo altre versioni quinquennale) di sette fanciulli e sette fanciulle destinati ad essere divorati dal Minotauro. La terza spedizione sacrificale fu affidata aTeseo il quale promise al padre Egeo che, se fosse riuscito ad uccidere il mostro, al ritorno avrebbe issato vele bianche. Teseo con l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, che si era innamorata di lui, uccise il Minotauro, uscì dal labirinto e fuggì con la ragazza, che, però, poco dopo fu abbandonata dall’eroe sull’isola di Nasso. Teseo, però, sulla via del ritorno ad Atene dimenticò di issare le vele bianche al posto delle nere, sicché il padre Egeo, credendo che egli fosse morto, si gettò nel mare che da lui prese il nome.
7 (Con lo stesso titolo) Foglietti, Venezia, 1598 e 1618; Commentari di C. Giulio Cesare, con le figure in rame di Andrea Palladio, le quali rappresentano a gl’occhi di chi legge, accampamenti, ordinanze, & incontri di esserciti, citta, fiumi, siti de paesi, & altre cose notabili contenute nell’historia, Misserini, Venezia, 1619 e 1627.
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"Anni di Piombo": 1974-1979
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"Anni di Piombo": 1974-1979
Quando la valle della Garfagnana era rifugio e centro di addestramento per tutto il terrorismo italiano
Quarant’anni esatti sono trascorsi da quando il terrorismo in Italia toccò il suo apice con l’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Fu un periodo storico terribile, secondo solamente ai tragici anni del secondo conflitto mondiale. Questa epoca è meglio conosciuta sotto il nome di “anni di piombo”, con questo termine si è soliti intendere quel periodo di storia italiana segnato da una escalation di terrorismo e lotta armata da parte di gruppi eversivi politicizzati, tale appellativo prende curiosamente la sua origine da un film del 1981 diretto da Margarethe Von Trotta, intitolato proprio “Anni di Piombo”, che trattava appunto l’esperienza storica molto simile vissuta al tempo in Germania Ovest. Furono anni tremendi, che sparsero un’onda di terrore e di sangue nel nostro Paese fra il 1968 e i primi anni ’80.
Il manifesto del film “Anni di Piombo”
Tutto nacque dal veloce sviluppo economico nazionale, che riuscì ad aumentare ancor di più le differenze sociali, nel contempo a livello internazionale si era in piena “guerra fredda”, uno scontro fra ideologia liberista U.S.A e comunismo sovietico, che divideva il mondo in due blocchi contrapposti. In questa scia nacquero in Italia movimenti operai e studenteschi che lottavano per l’uguaglianza sociale, scontri fra fazioni opposte di estrema destra e estrema sinistra sfociarono in attacchi terroristici per mezzo di bombe e armi da fuoco. Furono eventi luttuosi di portata storica inimmaginabile, alla polizia furono dati poteri speciali in difesa della stabilità della Repubblica, minacciata non solo dai terroristi, ma ancor di più da infiltrazioni varie, da spie americane, da servizi segreti deviati e criminalità organizzata, appositamente insinuate per perpetrare nell’animo della gente comune la cosiddetta “strategia della tensione”. Nonostante tutto in quegli anni la Garfagnana sembrava lontana anni luce da quelle tremende stragi che sconvolsero un Paese intero. Tutto questo si svolgeva nelle grandi città e il viver quotidiano della valle risentiva marginalmente di queste tragedie…ma le indagini degli inquirenti che seguirono negli anni scoprirono un altro mondo, che nessuno si sarebbe mai immaginato. La Garfagnana fu indifferentemente per anni rifugio per terroristi di destra e di sinistra, centro di addestramento alla guerriglia e fu usata come base per pianificare gli attentati più efferati che colpirono la Nazione. Infatti un doppio filo rosso e nero attraversava la nostra valle.
Foto simbolo degli anni di piombo
Fra il 1974 e il 1979 la magistratura ha evidenziato fra interrogatori e intercettazioni varie che la Garfagnana fu terra di incontri e addestramento del terrorismo italiano, nonchè rifugio e terra di latitanza per i maggiori esponenti dell’eversione armata. Quello che rende ancor di più inverosimile questa vicenda è che qui si incrociarono indifferentemente terrorismo rosso e nero, in ugual maniera di qui passarono gruppi neofascisti come Ordine Nuovo (colpevole anche della Strage di Piazza Fontana) e le Brigate Rosse (responsabili del sequestro Moro). Probabilmente i primi a ripararsi fra le impervie montagne garfagnine furono i gruppi neo fascisti che avevano alcuni esponenti di spicco proprio nella provincia di Lucca, per di più in Toscana operava la colonna armata legata a Mario Tuti.
A queste indagini fra Garfagnana e terrorismo lavorò molto il Procuratore di Firenze Pierluigi Vigna (che le cronache anni dopo lo portarono alla ribalta nelle inchieste sul mostro di Firenze), ricerche fatte dal magistrato evidenziarono che l’esplosivo negli attentati del 1975 (scoppio di una bomba sui binari della Firenze-Roma, un ordigno all’ispettorato agrario di Lucca e altri ancora) era nascosto in Garfagnana dalla fine del 1974, due quintali di questo esplosivo era stato trafugato ad Arezzo proprio dai “neri” lucchesi, ma non solo, nello stesso anno nella nostra pacifica e innocente terra fu convocato l’elite del terrorismo nero nazionale, fra i maggiori esponenti presenti c’era tale Clemente Graziani. Per render ancor più chiara la portata della situazione che si era creata guardiamo bene chi era Clemente Graziani. Clemente Graziani conobbe la Garfagnana da giovanissimo poichè vi aveva combattuto come volontario nelle file della Repubblica Sociale nella II guerra mondiale, nel 1951 tentò di affondare la nave scuola “Colombo”, destinata dallo stato italiano all’Unione Sovietica come riparazione ai danni di guerra, negli anni seguenti fu protagonista di vari attentati dinamitardi per le strade della Capitale, fra cui quello al Ministero degli Esteri, nel 1973 entrò in latitanza e vi rimase fino al 1996 quando morì in Paraguay e sembra che proprio per ordine del Graziani stesso nel vertice “nero” garfagnino fu dato mandato di organizzare gli attentati ai treni, con molta probabilità la strage del treno Italicus che costò ben 12 morti innocenti (nel tratto Firenze Bologna) nell’ agosto 1974 fu concepita durante quegli incontri.
La valle non fu però solo terra di incontri segreti, la morfologia del territorio si prestava anche ad eventuali latitanti, difatti la “primula nera” Mario Tuti dopo aver freddato due poliziotti sulla porta della sua abitazione di Empoli(24 gennaio 1975) si dette alla“macchia”, fuggendo prima verso Lucca e poi in Garfagnana dove trovò ben presto rifugio e protezione, così la sua vita da umile impiegato si trasformò in quella di un pluri ergastolano (pena poi commutata in semi libertà nel 2013) Come detto però non fu solo il terrorismo “nero” ad insinuarsi nel mite viver quotidiano garfagnino, il terrorismo “rosso” fece sentire più che mai la sua presenza nel nostro territorio con il suo esponente maggiore, quel Mario Moretti che pianificò il rapimento e l’esecuzione di Aldo Moro, anche Barbara Balzerani(facente parte della colonna romana) come fu evidenziato nel processo di Firenze venne più volte in Garfagnana per riunirsi con altri brigatisti, come i lunigianesi Luisa Aluisini e Paolo Neri, i due avrebbero dato coordinamento logistico alle Brigate Rosse toscane.
Mario Moretti, pianifico il rapimento e la morte di Aldo Moro
D’altronde i brigatisti di qualsiasi fazione fossero niente lasciavano al caso e per preparare i sanguinosi omicidi in quei violenti anni avevano bisogno di una certa preparazione all’uso delle armi e com’è risaputo (anche se niente di questo è supportato da tesi ufficiali) nella valle esistevano dei veri e propri campi di addestramento all’uso delle moderne armi da guerriglia e sopratutto al maneggio della rinomata mitraglietta Skorpion (750 colpi al minuto), usata specialmente dalle Brigate Rosse e poi tristemente nota per essere l’arma che giustiziò il presidente Moro.
La mitraglietta Skorpion
Quel duro periodo storico all’inizio degli anni ’80 si concluse e così come se niente fosse, tutto questo passò sopra la testa degli ignari garfagnini che al tempo niente sapevano.
Il “Corriere della Sera” titolava così il giorno dopo la strage di Piazza Fontana
Quella triste epoca della storia della Repubblica Italiana però non trascorse invano, l’assassinio di Moro, la morte del commissario Calabresi, del sindacalista Guido Rossa, le stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e della stazione di Bologna, quel sangue versato dai fautori della violenza rivoluzionaria provocò un profondo mutamento nei giovani del tempo, che capirono che nonostante tutti quei morti i problemi della società non si erano risolti, comprendendo una volta per tutte che la violenza non avrebbe portato a niente.
Bibliografia
“La Garfagnana tra brigate rosse e gruppi neofascisti durante gli anni di piombo” di Andrea Giannasi da “Il Giornale della Garfagnana” 2 febbraio 2017
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Sette sataniche. Motivazioni alla stesura dell'opera. Introduzione di Vincenzo Maria Mastronardi. Rivelazioni di sensitivi e i casi di presunta possessione demoniaca per patologia psichiatrica
Sette sataniche
Motivazioni alla stesura dell'opera. Introduzione di Vincenzo Maria Mastronardi
Le richieste abitualmente rivolteci dai mass media, specchio delle tensioni e degli allarmi sociali, relativamente alle scottanti problematiche di peculiare attualità quale il fenomeno delle sette sataniche non disgiunte dagli ultimi sviluppi delle indagini sulle cosiddette "Bestie di Satana" e sul Motro di Firenze, non potevano vederci disertori in un argomento di palese interesse criminologico e quindi per i nostri vincoli istituzionali universitari. Un solo assassino? Oppure assassini che agivano in gruppo? Il gruppo agiva autonomamente oppure per commissione di parte di un mandante? Cosa centra il Clan dei Sardi? Forse si intreccia con i riti esoterici? Tutti questi interrogatori, non possono prescindere da altre coonsiderazioni degne della massima importanza effettuate abitualmente da più studiosi del settore criminologico: se trattasi di serial killer che agiscono in gruppo. rientrano in uno di quei casi più unici che rari nelle modalità omicidiarie espresse dall'assassino seriale, il quale abitualmente invece agisce da solo? E poi, abbiamo attestzioni dalla letteratura internazionale di altri serial killer che uccidevano coppiette?
Rivelazioni di sensitivi e i casi di presunta possessione demoniaca per patologia psichiatrica
A proposito del capitolo delle percezioni extrasensoriali, e quanto qui di seguito riferito, relativo alle rivelazioni di due sensitivi miratamente alle vicende del Mostro di Firenze, ha carattere puramente informativo nei confronti dell'ampliamento cognitivo-culturale del lettore e quindi dell'opinione pubblica. E' doveroso richiamare l'attenzione del lettore sulle ricerche internazionali più accreditate relative ai presunti indemoniati, che in realtà possono essere affetti da patologie o tratti caratteriali psicopatologici qui di seguito riportati:
1 Isteria (autosuggestionabilità in seguito a letture, film o pratiche spiritiche). 2 Epilessia larvata (con deliri e allucinazioni a carattere demoniaco o divino). 3 Schizofrenia (con allucinazioni visive e di demoni; auditve; rumori insoliti; cenestetiche: percosse, levitazioni). 4 Deliri depressivi (ad esempio, deliri di influenzamento, di trasformazione del proprio corpo, mistico-religioso; alcuni deliri sono ad insorgenza improvvisa). 5 Psicosi maniaco-depressiva (nelle fasi di agitazione). 6 Nevrosi ossessivo-compulsiva (con impullsi incoercibili a bestemmiare in chiesa e avere pensieri aggressivi verso figure sacre). 7 Sonnambulismo isterico o epilettico 8 Disturbi da personalità multipla (conseguenti a traumi psicofisici infantili, nei quali si hanno due diverse personalità con banche di memorie separate). 9 Autoipnosi spontanea (a contenuto demoniaco, per predisposizione biologica alla dissociazione difensiva di fronte a pericoli fisici o psichici). 10 Stati alterati di coscienza (indotti da allucinogeni; fame, sete o insonnia protratta, meditazione, isolamento protratto, ritmi musicali, cnati e nenie ripetute ossessivamente).
Caso I: Sensitiva
Maggio 1987. Nel mio studio di psicoterapia si presenta una ennesima paziente che oltre a richiedermi cure psicofarmacologiche per un problema di "disturbi di panico", mi richiedeva sedute di ipnosi clinica sia relativamente alle sue crisi di panico quotidiane, in occasione di attraversamenti di spazi aperti, sia a suo dire per facilitarle la comunicazione con il marito (deceduto qualche anno prima) attraverso il riascolto di un registratore a microcassette, con il quale riusciva a interloquire rivolgendo al compianto coniuge alcune domande e riascoltando quindi, qualche attimo dopo, le risposte registrate. Io stesso, ho voluto ascoltare registrazioni fornitemi dalla signora al nostro primo incontro terapeutico e, anche se in modo non del tutto chiaro e con una pronuncia biascicata, le microcassette qua e là emettevano acluni suoni nei quali la signor riusciva a distinguere alcuni frasi, attribuendo al coniuge la voce, sia pure sussurrata. Rispolverai i dati di una precedente sperimentazione su di un'altra signora inviatomi alcuni anni prima dal collega Prof. Nicola Simonetti della <<Gazzetta del Mezzogiorno>> di Bari, in cui feci esaminare presso il Dipartimento di elettrotecnicaa ed elettronica dell'Università di Bari la voce registrata sempre biascicata, attribuita dalla stessa signora al figliolo deceduto in seguito ad un incidente stradale. La finalità della sperimentazione erano ben più articolate e volli peraltro rendermi conto se con peculiari tecniche subliminali, tramite ipnosi e microaltoparlanti a condizione ossea acquistati da una detta di apparecchi acustici di Milano per non udenti, era possibile influenzare le risposte registrate della persona deceduta suggestionando la mente della signora con risposte preconfezionate da parte dello sperimentatore, sempre in ipnosi con amnesia al risveglio e subliminalmente tramite trasduttore osseo. Il tutto secondo le teorie dei alcuni Autori per i quali in realtà quanto registrato su microcassetta non sarebbe la voce dei trapasati bensì soltanto il frutto della proiezione su mezzo meccanico di onde elettromagnetiche provenienti dal cervello della persona. Nel nostro caso del maggio 1987, quest'altra signora, che per motivi deontologici di rispetto della privacy chiameremo A.L. , fin dal primo appuntamento, oltre a richiedermi sollievo dai suoiu "disturbi del pensiero" negli spazi aperti, mi diceva che parlava con il marito deceduto e successivamente aveva delle "immagini oniroidi" e "ipnagogiche" nelle fasi di addormentamento o di risveglio. A tal proposito, mi richiedeva, se avessia vuto disponibilità e volontà di ricerca scientifica, di incrementare tali possibilità di comunicazioni col marito, la cui morte era stata in definitiva la responsabile prima di una sua profonda depressione. Pur manifestando le sue perplessità in proposito, sia pur mirate alle "crisi di panico", in fase di rilassamento ipnotico iniziò a sudare, a muoversi sul lettino dell'ipnosi, si sollevò e, aprendo improvvisamente gli occhi, con le braccia protese in avanti come se stesse reggendo il volante, emise un urlo sovrumano, e pochi secondi dopo, crollò come tramortita ad occhi chiusi, mettendo di nuovo in posizione orizzontale sul lettino. Pur avendo avuto amnesia al risveglio della prima seduta di ipnosi clinica, le suggerì, con le opportune tecniche del "comando post-ipnotico", di non avere amnesia anzi di ricordare tutti i contenuti della seduta. Mi raccontò, di essersi sentita <<un ragazzo>> in una autovettura blu, con la sua ragazza sul sedile posteriore, mentre veniva penetrato improvvisamente da un colpo di pistola alla spalla e nonostante ciò, metteva in moto con la retromarcia inserita allontandandosi rapidamente, ma si arenava ben presto nel fossato ubicato dall'altra parte della strada e poi ricordava soltanto il rumore di altri due colpi che oscuravano i fari della sua macchina e di un successivo colpo. Dopo di che, ricordava soltanto <<tanta pace>>. Aggiungevano che erano immagini che si ripetevaano ogni tanto nella sua mente fin da quel sabato del 19 giugno 1982, allorquando risvegliandosi dall'incubo visualizzato verso mezzanotte, la percezione era quella di trovarsi sicuramente nelle campagne della Toscana. Concludeva dicendo che, qualche giorno dopo, venne a sapere che in quella data e a quell'ora era stata uccisa una coppia (Paolo Mainardi e Antonella Migliorini) in Toscana che quello che cominciava as essere definito il "Mostro di Firenze".
Caso II: Sensitivo
Aprile 2001. Viene a trovarmi nel mi studio un interessante personaggio accompagnato dalla moglie e segnalatomi riservatamente da una struttura della Santa Sede, il quale subiva immagini oniroidi improvvise in perfetto stato di veglia. La richiesta effetuatami in questo caso era più che altro relativa ad un colloquio liberatorio e di tranquillizzazione terapeutica. Ma un'altra implicita richiesta, che io ho percepito come tale, era quella di eventuali strategie ipnotiche e semipnotiche per evitare sul nascere l'aumento graduale ma incalzante delle immagini vividamente visualizzate, seguito da uno stato successivo di prostrazione che durava abitualmente molte ore. Tale argomento fu affrontato alla fine del nostro incontro comunicando la tecnica monoideistica ipnotica dello "Stop all'idea" caratterizzata dal visualizzare, lo schermo bianco illuminato di un cinema sul quale comparve a caratteri cubitali e con lettere al neon di colore blu elettrico, la scritta "Stop" da fissare con il proprio sguardo molto attentamente e da incidere profondamente in almeno un paio di sedute ipnotiche, in grado di determinare l'immediato depistaggio delle immagini che diventano così estremamente del tutto evanescenti. Tra questi vividi vissuti, e con successiva profonda prrostrazione psicofisica, vi compariva il sentirsi una donna che precipitava dal quarto piano di un palazzo di Roma. Il giorno dopo ha appreso dal giornale che a quell'ora una donna a Roma si ra lanciata giù dal quarto piano. Altro episodio fu peraltro quello relativo ad un accadimento dell'8 settembre 1985 dopo le ore 23.00. Le visualizzazioni si svolgevano in quel San Casciano Val Di Pesa (Toscana) e, dopo un primo colpo di pistola, il sensitivo mi riferì di aver chiaramente avvertito un coltello che dal basso verso l'alto tagliava la tenda da campeggio vicino alla sua testa mentre lui allucinava di trovarsi disteso con il capo dalla parte opposta alla cerniera della tenda. In preda al panico, riesce a scappare dall'altra parte della tenda e nella fuga si scontra con qualcuno; ricorda di aver corso come un forsennato tra i campi e che, guardandosi indietro sia pure nella penombra, ha visto che non era inseguito da una sola persona. Il sensitivo continua il suo racconto e mi dice di aver pensato mentre correva a gambe levate: "Ma in quanti mi inseguono?".
Caso III: Presunte indemoniate
E' il caso di due sorelle che, venivano a chiedermi un particolare aiuto analogo ahimé a quello che si può richiedere ad un esorcista per trovare sollievo e scacciare mediante ipnosi, secondo un loro convincimento, i diavoli che le tormentavano abitualmente da anni senza tregua. Delle due sorelle zitelle di 60 e 55 anni, che si contagiavano psichicamente a vicenda, in realtà soltanto una costituiva l'elemento trainante nei suoi convincimenti allucinati. La primogenita era ossessionata da continue visioni terrifiche di demoni minacciosi che si accentuavano ogni volta che aveva pensieri da lei stessa definita <<lascivi>> verso il medico. La sua casa però era anche piena di soprammobili che si muovevano in aria, di colpi sul muro e sul tavolo e di diavoli che ridendo in maniera sarcastica la invitavano a seguirli se avesse voluto la felicità e l'affetto del medico, ma pronti ad inveire con parole oscene definendola <<puttana destinata a soffrire>>. Soltanto dopo pochi giorni di assunzione di farmaci antipsicotici deliriolitici la sintomatologia allucinatoria scompariva del tutto, e con i farmaci giusti <<i diavoli ritornavano a casa propria>>, Anche la sorella ebbe modo quindi di rasserenarsi, il clima in casa era finalmente diventato sereno.
Caso IV: Omicida perseguitato dal demonio
Durante l'estate del 2005, nel mese di agosto, ricevevo una telefonata da parte del sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale Penale di Roma, la Dott.ssa Bice Barborini. Lungo le rive del Tevere un uomo, che leggeva la Bibbia con accanto il suo cane, il suo gatto e la sua tartaruga, ad un certo punto vede avvicinarsi una figura alta e grossa: era un uomo accompagnato da due cani. <<Quei cani eran mandati dal diavolo per entrare nello spirito del mio cane e farlo proprio>>. A spronarli contro, in tale strategia demoniaca, sarebbe stato prroprio il padrone dei due cani: <<Dovevo ucciderlo>>. Lo accoltella. Il pubblico ministero recupera il corpo del reato chiedendo al medico legale in sala autoptica di estrarre la lama del coltello rimasta conficcata in pancia. All'omicida, già precedentemente ricoverato in ospedale psichiatrico, era stata diagnosticata una "schizofrenia paranoide". Una volta arrestato, era stata diagnosticata una "schizofrenia paranoide". Una volta arrestato, nel carcere di Regina Celi in Roma è stato sottoposto a regime di stretta sorveglianza al colloquio, risultavano <<presenti gli spunti paranoidi con palese atteggiamento opositivo e sospettoso>>. Nell'atto della stesura di questo testo e dei cassi peritali attualmente affidatimi da alcune procure italiane, ne ho due di tentato omicidio con caratteristiche psicopatologiche in cui i deliri allucinatori terrifici demoniaci non rappresentano altro che l'estrinsecazione di una sintomatologia schizofrenica. Vieppiù in uno dei due casi, è stato l'uso continuativo di droga leggera (hashish), così come qualche anno prima, ad aver risvegliato una psicosi fino ad allora soltanto assopita. Dopo trentacinque anni di mia attività forense avvertivo il dovere accademico verso i nuovi allievi di affrontare appieno l'argomento satanismo. L'argomento esorcismo può essere spesso considerato alla stessa stregua di un processo di suggestione circolare che si autoalimenta vicendevolmente imprigionando esorcista ed esorcizzato in un processo di perverso "autoconvincimento riverberante", viceversa trattasi di psicosi allucinatoria debellabile in pochissimo tempo con il giusto farmaco antipsicotico deliriolitico, oppure come nel caso di un paziente che accusava avversione verso il sacro bestemmiando ogni volta che entrava in chiesa contro le statue di Santi e della Madonna, ma che in realtà fu diagnosticato affetto da "disturbo ossessivo compulsivo" invalidante eed attualmente percepisce la pensione di invalidità. La percentule di coloro che sono realmente bisognevoli dell'intervento di un esorcista si assottiglierebbe sempre più e in realtà, atteso in diversi casi è ottenuto lo stesso risultato con le normali sedute di ipnosi clinica, la fenomenologia della relazione esorcista-esorcizzato è del tutto analoga a quella esistente nella coppia ipnotista-ipnotizzando, lì dove è lo status ipnotico di "maggiore attività" verso le istanze etero o autoindotte delle stesse aspettative del soggetto presunto posseduto a compiere il miracolo della "cacciata dei demoni della psiche", in una sorta di suggestionabilità circolare che lievita le stesse aspettative di ambedue i soggetti coinvolti. In questo caso il diavolo non c'entra. Il soggetto è miracolato in relatà dalla forza del più profondo sentimento di trionfo narcisistico sia pur intriso di volonà altruistica religiosa da parte dell'esorcista.
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto: Gregorio Messere di Torre S. Susanna (20/20)*
di Armando Polito
* Questo post corregge ed integra quanto apparso in http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/23/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-13/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/25/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-708-di-torre-s-susanna-23/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/26/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-33/
La prima biografia del nostro (1636-1708), originario di Torre S. Susanna1, è la Vita di Gregorio Messere Salentino detto Argeo Caraconasio scritta dal D. Gaetano Lombardo Napolitano detto Emio Caraconasio, in Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, v. II, De Rossi, Roma, 1710, pp. 47-59, col testo preceduto dal ritratto che riproduco di seguito. Va rilevato, anzitutto, che al Caraconasio del titolo, replicato a p. 58 dove sono riportate due dichiarazioni di voto favorevole alla pubblicazione della biografia, a firma la prima di Milesio Meneladio (nome pastorale di Giusto Fontanini di Cividale del Friuli e di Faunio Stomiate (nome pastorale di Biagio Garofalo di Napoli), la seconda di Arato Alalcomenio (nome pastorale di Domenico De Angelis di Lecce), si oppongono il Choraconasio della didascalia del ritratto e il Coraconasio presente in una delle pagine iniziali, non numerate, dell’indice.
C(OETUS) U(NIVERSI) C(ONSULTO)
ARGEO CHORAGONASIO PASTORI ARCADI
D(E)F(UNCTO) PHILOLOGO EMIUS CHORAGONASIUS
PASTOR ARCAS PRAECEPTORI ET
DECESSORI B(ENE) M(ERITO) P(OSUIT)
OLYMPIAD(E) DCXXI AN(NO) III AB A(RCADIA) I(NSTAURATA)
OLYMPIAD(E) V AN(NO) II
(Per decisione dell’intera assemblea/ad Argeo Coragonasio pastore arcade filologo defunto Emio Coragonasio, pastore arcade, al maestro e predecessore benemerito pose. Olimpiade 621a del terzo anno dall’istituzione dell’Arcadia/Olimpiade quinta anno secondo2)
Ai due angoli inferiori il nome degli autori: P(etrus) L(eo) Ghezzius del(ineavit)=Pietro Leone Ghezzi disegnò e D(ominicus) Franceschini sculpsit=Domenico Franceschini incise. Il Franceschini, tra i più famosi incisori Romani del XVIII secolo, fu autore, fra gli altri, del frontespizio di Collectanea antiquitatum Romanarum quas centum tabulis aeneis incisas et a Rodulphino VenutiAcademico Etrusco Cortonensi notis illustratas exhibet Antonius Borioni, Bernabo, Roma, 1736. La sua arte immortalò anche in una incisione donata a Vincenzo Giustiani l’uccisione di un capodoglio avvenuta nei pressi del porto di Pesaro il 18 aprile 1713, secondo la notizia che si legge in una lettera indirizzata da Vito Procaccini Ricci a Ottaviano Targioni Tozzetti e pubblicata in Giornale di fisica, Chimica, Storia naturale, Medicina ed arti, decade II tomo VIII, Fusi, Pavia, 1825, p. 46. Pier Leone Ghezzi è famoso per gli affreschi di Villa Falconieri a Frascati e per le caricature. Le sue opere raggiunsero quotazioni elevate mentr’era ancora in vita. Non era digiuno di poesia se nel 1702 sul retro del suo primo autoritratto (1702) vergò questi versi: Pier Leone son io/di casa Ghezzi che dì 28 giugno/quando al mille e seicento/anni settanta quattro ancor/s’aggiunse io nacqui e si congiunse/a questi l’età mia di vent’ott’anni/ch’ora nel mille settecentoedue/mi mostra il tempo, e le misure sue./Or mentre questo fugge e mai s’arresta/io mi rido di lui e mi riscatto/col dar perpetua vita al mio ritratto.
In Vittorio Giovardi3, Notizia del nuovo teatro degli Arcadi aperto in Roma l’anno MDCCXXVI, Antonio De Rossi, Roma, 1727, p. 21-22: Voltando la fronte verso il Portone si comincia a godere della veduta di Roma, e insensibilmente salendovi si rimirano a destra, e a sinistra ripartiti in quattro quadrati i folti Lauri, che dividendosi, formano di quà4 , e di là due brevi, ma spaziosi viali, al fine dei quali con vaga, e propria simmetria vengono collocate le Lapidi di Memoria de’ nostri defunti Pastori, che in numero fin’ora di quarantadue sono state dalla nostra Adunanza inalzate, e sono le seguenti …
Questa trascrizione appare decisamente sciatta, tanto più che si presume frutto di un esame autoptico. Sorprende non tanto CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS quanto PHILOGO, errore di cui ci si dovette accorgere troppo tardi, visto che si rimediò dopo qualche decennio, essendo custode dell’accademia Michele Giuseppe Morei, in Memorie istoriche dell’adunanza degli Arcadi, De Rossi, Roma, 1761, p. 133, dove, però, permangono CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS.
Apprendiamo, così, che il dedicatore della tavola fu Emio Coragonasio, nome pastorale di Gaetano Lombardo di Napoli, cioè l’autore di questa prima biografia, che nella seconda parte del nome pastorale assunse quella del suo maestro, il che appare confermato dal fatto che in L’Arcadia del can. Gio. Mario Crescimbeni, Antonio De’ Rossi, Roma, 1708, p. 116 compare solo la prima parte (Emio)5. Chi pensa che su Coragonasio il discrso finisce qui, si sbaglia di grosso.
In Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, s. n., Firenze, 1710, v. I, a p. 167 leggo: nostro saggio, e dotto Emio Caraconasio.
In Acta Eruditorum anno MDCCXIII, Muller, Lipsia, 1713, a p. 502 si legge Argeus Carconasius.
In Dell”istoria della volgar poesia scritta da Giovan Mario Crescimbeni, Basegio, Venezia, 1730, v. V, a p. 316 si legge Argeo Caraconasio e a p. 365 Argeo Coraconasio.
In Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, 1817, s. p., in cui è inserita la seconda biografia di cui ci occuperemo fra poco, si legge: Argeo Caraconessio e il bello è che dopo qualche parola si fa riferimento preciso (con citazione della p. 47) alla prima biografia con cui ho iniziato.
E poteva mancare, a questo punto, l’Argeo Caroconasio che si legge in Versi d’occasione e scritti di scuola/ Giambattista Vico ; con appendice e bibliografia generale delle opere a cura di Fausto Nicolini, Laterza, Bari, 1941, p. 42?.
In conclusione: mi pare che la forma corretta tra tante, esclusa l’ultima, pressoché contemporanee, debba individuarsi in Coragonasio, non solo per il carattere “ufficiale” del ritratto ma anche perché esso fu il secondo nome pastorale (il primo è Astildo), oltre che, come s’è detto, del Lombardo, anche di Giovanni Battista Lanfranchi Lanfreducci di Pisa.
Definito questo dettaglio (ma le altre varianti sono solo per il momento accantonate) , prima di accennare alla seconda biografia, cercherò di dare ragione del nome pastorale nelle sue due componenti.
Argeo è piuttosto ambiguo (e tale ambiguità, forse, anche in questo caso fu assunta ad arte) perché può derivare direttamente dal latino Argeus=argivo (Argo era considerata dai Greci come la loro città più antica), ma Argo era anche il nome del mostro della mitologia greca, fornito di molti occhi (e in senso figurato può valere come persona alla quale nulla sfugge). Come non pensare, però, pure al greco ἀργός (leggi argòs), che significa splendente, luminoso e al suo omofono che significa pigro? Tutto ciò, secondo me, è perfettamente in linea col Gregorio ironico ed autoironico tramandatoci dalle biografie, col suo spirito direi socratico, consapevole dei suoi mezzi ma anche dei loro limiti. E questo, sempre secondo me, spiega abbondantemente il fatto che di lui non ci sia rimasta nessuna opera autonoma, ma solo componimenti in versi, inseriti, come vedremo, in raccolte curate da altri6.
Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Escluso il toponimo7, si può supporre che sia un nome composto (poteva esserlo pure l’eventuale toponimo); e qui il ventaglio delle voci, tenendo conto pure delle varianti, che potrebbero entrare in campo, è abbastanza ampio: χώρος (leggi choros) o χώρα (leggi chora)=terra+ἀγών (leggi agòn)=lotta+ ἄζω (leggi azo)=rispettare; χορός (leggi choròs=coro)+le due altre componenti indicate per l’opzione precedente; per coraconasio: χώρος/χώρα+ἀκοναῖος (leggi aconàios)=pietroso oppure χορός+ἀκονάω (leggi aconao)=eccitare oppure κόραξ (leggi corax)=corvo+νήσιον (leggi nèsion)=isoletta; per Caraconasio il primo componente potrebbe essere κάρα (leggi cara)=testa. Lascio alla fantasia del lettore la possibile giustificazione semantica di ogni combinazione, convinto del fatto che solo l’interessato, qualora se ne fosse dato cura, avrebbe potuto lasciare un lumicino acceso a diradare, almeno in parte, le tenebre.
Di Andrea Mazzarella da Cerreto, invece, è la seconda biografia inserita nel tomo IV di Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, op. cit., preceduta dal ritratto, un’incisione, cosa ricorrente in questa raccolta, della scuola di Raffaello Morghen (1758-1833). Il nome pastorale che qui si legge è, come s’è detto, Argeo Caraconessio, per il quale, come se non bastasse quanto al riguardo s’è detto, potrebbe essere messo in campo come componente finale Νέσσος (leggi Nessos)=Nesso, il mitico centauro ucciso da Ercole.
S’è detto che del Messere non c’è neppure una pubblicazione esclusiva. Nella compilazione di quella che vuole essere ambiziosamente la documentazione testuale (per così dire dal vivo, con immagini in dettaglio tratte daile pubblicazioni originali) di tutta la produzione del nostro con l’aggiunta di qualche mia nota di commento, non trascurerò quanto da lui scritto prima del 1690 (data di fondazione dell’Arcadia), anche se la suddivisione adottata è, dal punto di vista artistico, piuttosto fittizia.
PRIMA DEL 1690
Sono tutti componimenti encomiastici, in distici elegiaci, di un’opera altrui, inseriti in questa, insieme con quelli di altri letterati, nelle pagine iniziali per lo più non numerate.
In Notizie di nobiltà. Lettere di Giuseppe Campanile8 Accademico Umorista et Ozioso indirizzate all’Illustrissimo et Eccellentissimo D. Bartolomeo di Capova Principe della Riccia, e Gran Conte di Altavilla etc., Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1672, s. p.:
(Del signor Gregorio Messere. Afflitto gemerà a causa delle lacrime di Partenope spuntate poiché la terra ha sepolto illustrissimi cavalieri. Frattanto passa a volo la fama e si sfiora le ali. Una piuma e solo una cade sul lido campano. Campanile è lì: prende la piuma caduta dal cielo, la prende e comincia a celebrare le gesta per gli uomini estinti. Lui comincia, gli eroi, abbandonate le tombe, cominciano a risorgere e ad essere elevati alle stelle mentre la morte manifesta il suo malcontento. Dico evviva Giuseppe! Ora lo grida l’illustre sirena; mentre tu fai tali doni, dico evviva. Evviva, ma vivrai in eterno: i tuoi scritti degni del cielo già ti hanno fatto meritare eterna vita)
In Giovanni Giacomo Lavagna, Poesie, Conzatri, Venezia, 1675, parte I, p. 245:
(Quale musa t’insegnò la poesia, quale sirena la musica? Quale fiume ti offrì un’acqua tanto dolce? Tu agiti il plettro: l’onda della Sebetidea immobile tace; pizzichi le corde: muovi le pietre e i cuori crudelib. O Lavagna, o sarai, lo dirò io, un poeta ismarioc o la lira ismaria a te è stata mandata dal cielo)
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a Patronimico, epiteto attribuito alla figlia del fiume Sebeto inteso come divinità.
b Così, secondo il mito, faceva Orfeo con la sua lira.
c Dell’Ismaro, monte della Tracia, dove, secondo le fonti più antiche, a Lebetra, era nato Orfeo.
In Tomaso di S. Agostino, Strada franca al cielo per il peccatore, Mollo, Napoli, 1677, s. p.:
(Se, dice il Poeta a, è facile la discesa dell’Averno ma tendere in alto questo è il compito, questa la fatica, con questo libro pra è facile la scalata dell’Olimpo né è una fatica andare verso il cielo)
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a Virgilio, Eneide, VI, 126-129: … facilis descensus Averno:/noctes atque dies patet atri ianua Ditis;/sed revocare gradum superasque evadere ad auras,/hoc opus, hic labor est. Da notare che Averni è la lezione di alcuni manoscritti abbandonata per Averno dagli editori moderni.
In Stefano Tropeano Sessa, Il palagio della sapienza fondato sù le sette colonne dell’arti liberali, Porsile, Napoli, 1680, s. p.:
(Per il nobile furto stellare di Stefano Tropeano Sessaa. Ora è tempo di sollevare audaci sguardi al cielo, ora di apprendere i vari moti degli astri. Il Toro percorre l’ultima orbita mentre le stelle brillano e il Capricorno è sommerso dalle acqueoccidentali. Arturo, Cefeo, Procione, Delfino, Orione, Auriga e Perseo, Pegaso, Andromeda e l’erculeo Leone ammirano il furto di suo nipote, furto degno della fatica di Prometeob. Piccolo uccello illustre nei segni di Archimede per il quale volle la sfera, mentre il cielo stupiva. Qui si affretti chi vuole essere un grande indovino: con questo libro da scorrere potrà conoscere cose acute)
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a Nel frontespizio del volume correttamente si dichiara che essa è una traduzione da Latino nell’Idioma Italiano dall’Opere manoscritte (sull’astrologia) del Dottissimo Sig. D. Fabrizio Sessa suo Zio, e maestro.
b Rubò il fuoco agli dei per donarlo rlo agli uomini. Zeus lo punì incatenandolo ad una rupe ai confini del mondo dove un’aquila gli rodeva di giorno il fegato ricresciuto durante la notte e poi facendolo sprofondare nel Tartaro, al centro della Terra. È uno dei simboli della lotta del progresso e della libertà contro il potere.
In Giovanni Canale, Amatunta, dedicata all’Illustrissimo Signore Antonio Magliabechi eruditissimo Bibliotecario del Serenissimo Cosimo Terzo Gran Duca di Toscana, Conzatti, Venezia, 1681, s. p.:
(Epigramma del tarantinoa Gregorio Messere. Come Arione canta tra i veloci delfini, come il Cigno canta presso le rive dell’Eridanob, così la zampogna del defunto Sinceroc cantò presso le onde, così prossima a Sincero canta la tua musa)
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a Segue l’opinione, errata, di Carlo Susanna, per cui vedi nota 1.
b Nome mitico e poetico del Po.
c È il nome del pastore personaggio principale dell’Arcadia di Iacopo Sannazzaro (1457-1530), dietro il quale si nasconde lo stesso autore, il cui nome umanistico era Actius Sincerus.
DOPO IL 1690
In Componimenti recitati nell’Accademia a’ dì 4 di Novembre ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II, Parrino. Napoli, 1697, pp. 170-172.
(Mio re austriacoa insigne per devozione e valore militare, grazie al quale solo protettore la luna barbarab cadrà, giace con una gran debolezza negli anni giovanili. Onnipotente, avendo pietà, portagli aiuto! Ti muova il gemito del Libano, la flebile onda del Giordano, i pii voti di Sionc . Viva, e mi liberi dalle catene, cinte le tempie delle palme idumeed, importante si diriga alle stelle. Aveva detto Gerusalemme in lacrime. Tuona l’alto Olimpo, la malattia è scomparsa, viene l’amica salute)
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a Carlo II d’Asburgo (1661-1700) re di Spagna, dei territori spagnoli d’oltremare, nonché re di Napoli col nome di Carlo V. Fu di salute cagionevolissima.
b La mezzaluna, simbolo della potenza turca.
c Sineddoche per Gerusalemme, che è costruita sul monte Sion.
d Idumea era il nome di una contrada della Palestina.
(Smetti, o Vesuvio, di scuotere gli astri col terrificante gemitoa; placide acque del Sebeto, non addoloratevi; tu, Mergellina, dirigi sul monte le allegre danze: tu Antinianab, cingi le chiome di nitide rose! Toccate, o Sirene, toccate le corde dal dolce suono; o Amadriadic, giocate, o Nereidid, applaudite! O muse, aprite il Parnasoc e muovete i canti! O secolo felice! O giorno benigno! Vive la nostra salvezza,vive l’unica speranza del mondo: Carlo, gloria degli Austriaci, sta bene)
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a L’anno 1697 registrò un’intensa attività eruttiva del vulcano.
b Nome di una ninfa che Giovanni Pontano (1429-1503) s’inventò come trasfigurazione di Antignano, località sulla collina del Vomero, dove c’era la sua villa, in Ad Bacchum consecratio, quinto carme del secondo libro del De amore coniugali.
c Un particolare tipo di Driadi , cioè di Ninfe boscherecce, la cui vita dipendeva da quella delle querce. La voce è dal greco ἁμαδρυάδες (leggi Amadriuàdes), composto da ἄμα (leggi ama)=insieme+δρῦς (leggi driùs)=quercia.
d Ninfe acquatiche, figlie di Nereo.
e Monte della Grecia. Nell’antichità sacro ad Apollo e a Dioniso e considerato sede delle Muse,divenne simbolo della poesia.
(Tespiadia Muse, figlie di Giove, date inizio al canto, battete il barbitob o la lira. Sul Pindo eseguite danze coi morbidi piedi. Si gioisca delle argentee acque di Castaliad. L’austriaco Carlo, che lo splendente Apollo ha amato, Carlo, luce dell’Oriente e dell’Occidente, si è liberato della mancanza di forze, sta bene. O giorno armonioso, o età felice, o beata notizia!)
a Perché onorate a Tespie, città della Beozia.
b Specie di lira.
c Monte della Grecia sacro ad Apollo ed alle Muse.
d Mitica fanciulla di Delfi che per sfuggire ad Apollo si suicidò gettandosi in una sorgente presso il santuario di Delfi, che da lei ebbe nome. Coloro che si recavano a consultare l’oracolo dovevano compiervi un bagno di purificazione. Dai poeti romani le fu attribuita la virtù d’ispirare la poesia.
Lo stesso destino, quello di non comparire in una pubblicazione destinata solo a loro, toccò agli Emblemata, che risultano inseriti in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’eccellentissima signora D. Caterina d’Aragona e Sandovale, duchessa di Segorbia, Cardona etc., con l’aggiunta di altri componimenti sul medesimo soggetto, Roselli, Napoli, 1697, pp. 57-68. Lo stesso volume, sul quale ritornerò più avanti, ospita pure alle pp. 185-189 altri componimenti del nostro, cinque in latino e due in greco. Il numero complessivo di pagine del volume ospitanti il Messere (17 su un totale di 165) è prova evidente del credito di cui egli godeva e in particolare l’estensione degli Emblemata (12 pagine) non avrebbe certo fatto gridare allo scandalo se l’autore li avesse pubblicati come un opuscoletto, tanto più che essi appartenevano ad un genere letterario che vantava nobili natali9. A tal proposito vale la pena approfondire. Emblèmata è voce latina trascrizione dal greco ἐμβλήματα (leggi emblèmata) plurale di ἔμβλημα (leggi èmblema). All’ἔμβλημα greco corrisponde in latino emblèma, da cui la voce italiana usata nel senso generico di simbolo. In greco la parola [derivata dal verbo ἐμβάλλω (leggi emballo)composto da ἐν (leggi en)=dentro e da βάλλω (leggi ballo)=gettare] indicava qualsiasi cosa inserita, come, fra l’altro le tessere del mosaico; tale significato passò in latino, dove emblema veniva chiamato l’intero mosaico. Ed è proprio partendo dall’idea delle tessere musive che è nato il significato generico moderno di simbolo[non a caso dal latino symbolu(m), trascrizione del greco σύμβολον (leggi siùmbolon), composto da σύν (leggi siùn)=insieme e dal già visto βάλλω . Ciò avvenne nel XVI secolo con l’avvento di un vero e proprio genere letterario che ha il suo antesignano in Andrea Alciato (1492-1550) e nei suoi Emblematum libellus10, raccolta di rappresentazioni simboliche accompagnate talora da un titolo e sempre da una didascalia per lo più in versi, il tutto in funzione moraleggiante.
Passeremo ora in rassegna i veri e propri emblemi contenuti nelle pp. 57-68, successivamente quelli delle pp. 185-189, che per comodità definirò spuri in quanto mancanti, a differenza degli altri, dell’immagine.
Ricapitolando: in base a quanto si legge nel frontespizio le Pompe in morte di Caterina sono dedicate a suo figlio Luigi della Cerda, discendente di Ludovico. I meriti di quest’ultimo sono indicati nella seconda dedica ed occupano la prima pagina della stessa e la parte iniziale della seconda. Luigi ricompare ancora in DI TANTO PRINCIPE, ma è evidente come la composizione tipografica faccia risaltare, con gradazioni diverse, il nome della defunta [DI D(ONNA) CATERINA D’ARAGONA] con quello che sembra essere il suo merito principale (DEGNISSIMA MADRE) e quello di Napoli (PARTENOPE) che le tributa l’omaggio.
Passo ora agli emblemata spuri delle pp. 185-189.
Tre suoi componimenti, sempre in distici elegiaci (il primo in latino, gli altri in greco), sono in Componimenti in lode del giorno natalizio di Filippo V, Re di Spagna, di Napoli, etc. recitati a dì XIX di Decembre l’anno MDCCIV nell’Accademia per la Celebrazione di esso Giorno nel Real Palagio tenuta dall’illustriss. ed eccellentiss. Signor S. Giovanni Emanuele Pacecco Duca di Ascalona, Vicerè, e Capitan Generale del Regno di Napoli, Niccolò Bolifoni, Napoli, 1705, pp. 259-261:
(Quando l’alma genitrice partorì dall’augusto grembo FILIPPO DI BORBONE a, le fatidiche Parche tessendo gli aurei filib dissero: – Nasci, nasci, grande fanciullo. Ti attendono come re i duplici confini del mondo, quelli dell’Europa da soli non sufficienti al tuo impero)
_____________
a Filippo V. figlio di Luigi, il gran Delfino, e di Anna Maria di Baviera, nonché nipote di Luigi XIV, era nato nel 1683 e diventerà re di Spagna nel 1700. Qui si direbbe che il Messere riveli doti profetiche, se non fosse più che normale per un rampollo di discendenza reale l’augurio che il salentino gli esprime nei due versi finali.
b Nella mitologia greca le tre Parche (Cloto, Lachesi ed Atropo) rispettivamente tessevano, misuravano e tagliavano il filo simboleggiante la vita di ogni uomo. Si fosse trattato di un poveraccio, il filo sarebbe stato di materiale infradiciato; trattandosi di un futuro re, poteva non essere d’oro?
(Filippo, re potente e buono delle regioni occidentali, amato allo stesso modo dagli dei e dagli uomini, oggi è nato presso le dolci sponde del Rodano. Correte, Muse dell’Olimpo, incoronate i capelli di fiori primaverili, battete le corde dal bel suono, ascoltate anche le notizie della nascita del Borbone, ascoltate! Egli certamente con molte vittorie, con molti trionfi farà giungere di nuovo l’età dell’oro sulla terra)
(Per la nascita dello stesso monarca. Quando il sole è nel segno del toro nella stagione primaverile spunta la rosa, ma dura poco. Il fiore borbonico nato nel bel mezzo dell’inverno è sempre rigoglioso di foglie di oro)
Un distico elegiaco funge da didascalia al ritratto di Antonio Sanfelice senior (1515-1570) frate minorita autore di Campania uscito per i tipi di Cancer a Napoli nel 1562. Il ritratto è a corredo dell’edizione curata da Antonio Sanfelice iunior (vescovo di Nardò dal 1707 al 1736) uscita per i tipi di Giovanni Francesco Pani a Napoli nel 1726 e dedicata dal fratello di Antonio, architetto, a Benedetto XIII. In basso a destra si legge And(reas) Maillar sc(u)lp(sit)=Andrea Maillar incise. Il Maillar, nato a Napoli verso il 1690, incise soggetti storici alla maniera di Solimena e , fra gli altri ritratti, anche quelli dei membri della famiglia Carafa. Il concittadino architetto Giovanni De Cupertinis m’informa che il disegno del ritratto del frate fu eseguito dall’architetto Ferdinando Sanfelice, che per l’occasione realizzò un bozzetto a penna, acquerello e sanguigna, attualmente conservato presso il Gabinetto dei Disegni del Museo di Capodimonte di Napoli.
O utinam posset pingi, ut mortalis imago,/sic genus et Pietas, CUIUS ET INGENIUM./d. Gregorius Messerius.
Volesse il cielo che si potesse dipingere come l’immagine mortale così la nobiltà e la devozione e la sua indole.
__________
1 Carlo Susanna erroneamente lo crede tarantino in Vita di Carlo Buragna inserita in Poesie del Signor D. Carlo Buragna, Castaldo, Napoli, 1683, s. p. e pure, probabilmente da lui attingendo, Giangiuseppe Origlia Paolino in Istoria dello studio di Napoli, Giovanni Di Simone, Napoli, 1754, v. II, p. 102.
2 Antonio Caraccio, l’arcade di Nardò, op. cit., p. 58 n. 27
3 Di Veroli; il suo nome pastorale era Zetindo Elaita. Nell’opera descrive il Bosco Parrasio, la villa fatta costruire dall’accademia, grazie alla munificenza di Giovanni V di Portogallo. Fu la sua prima sede stabile, inaugurata il 9 settembre 1726. Dal volume la tavola che segue: disegno di Antonio Canevero, incisione di Vincenzo Franceschini (Roma 1680-Firenze 1740; quest’ultimo, della stessa famiglia di Domenico autore del ritratto inserito nel volume del 1710, risulta vincitore del primo premio della terza classe della pittura nel 1711 (Le belle arti pittura, scultura, e architettura, compimento, e perfezione delle bellezze dell’universo mostrate nel Campidoglio dall’Accademia del disegno il dì 24 settembre 1711, essendo Principe della medesima il Sig. Cavalier Carlo Marattti e Viceprincipe il Signor Cavalier Carlo Francesco Person. Relazione di Giuseppe Ghezzi pittore, e segretario accademico e fra gl’Arcadi Afideno Badio dedicata dagl’Accademici alla Santità di N. S. Clemente XI Pont. Ott. Mass., Zenobi, Roma, 1711, s. p.
4 Forma in uso fino agli inizi del XX secolo.
5 Così anche in Vincenzo Lancetti, Pseudonimia ovvero tavole alfabetiche de’ nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de’ veri, Luigi Di Giacomo Pirola, Milano, 1836.
6 In prosa ci restano tre lezioni tramandateci da un manoscritto settecentesco in due volumi (mss. 9221 e 9222), custodito presso la Biblioteca Nazionale di Spagna, intitolato Raccolta di varie lezioni accademiche sopra diverse materie, recítate nell’Accademia dell’Eccmo. Signore Duca di Medina Celi & c., Vicere et Capitan Generale 6 C. nel Regno di Napoli. Nel primo volume: Dell’Imperador Nerva Cocceio (carte 168r-174v) e Della vita di Trajano Imperadore (carte 175r-199v); nel secondo: Della poesía (carte 195r-203v). La raccolta è stata pubblicata a cura di Michele Rak per dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli dal 2000 al 2005.Nel manoscritto si leggono pure lezioni di altri arcadi: Giuseppe Valletta (nome pastorale Bibliofilo Atteo) Sopra la vita dell’Imperadore Galba Ragionamento 1° cc. 36r-48v, Ragionamento 2° carte 49r-59v, Ragionamento 3° carte 60r-69v, Della vita dell’Imperadore Pertinace lezione unica cc. 355r-363v, Della vita di Massimino Imperadore carte 364-374, Della vita di Gordiano Imperadore carte 375r-384v, Della vita di Aurelio Alessandro Severo Imperador di Roma carte 385-393; Niccolò Crescenzi (nome pastorale Liburno Sopra la vita di M. Aurelio filosofo Lezione 1a carte 255r-262v, lezione 3a carte 263r-271v, lezione 4a carte 272r-282v, Della vita dell’Imperador Lucio Antonino Commodo (carte 283r-312v, Considerazioni su l’lmperio di M. Didio Severo Giuliano Imperador di Roma carte 313r-323v), Della vita di Settimio Severo Imperador Romano carte 324r-335r, Della vita di Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla (carte 336r-342v), Considerazione sopra la vita e l’Imperio di Opilio Macrino carte 343r-354v; Filippo Anastasio (nome pastorale Anastrio Liceatico) Intorno all’arte nautica carte 183r-194v; Giuseppe Antonio Cavalieri (nome pastorale Floridano Ateneio) Delle Sibille carte 216r-228v; Giuseppe Lucina (nome pastorale Filomolfo Corebio) Dell’agghiacciamento e della cagione di quello carte 236r-245v.
Le lezioni sulla poesia sono conservate pure in un manoscritto (ms. XII G. 58)custodito presso la Biblioteca Nazionale di Napoli.
7 Vorrei tanto chiedere all’autore della scheda in wikipedia
(https://it.wikipedia.org/wiki/Gregorio_Messere), dove si legge Coraconasio, “dalle campagne dell’isola Coraconaso”, visto pure il virgolettato, da dove ha tratto il nome di questa fantomatica isola. La disgrazia è che in rete l’invenzione in rete è destinata a diventare infezione molto più rapidamente di quanto succede con la carta stampata.
8 Pubblicò anche:
Parte prima delle poesie, Cavallo, Napoli, 1648.
Prose varie, divise in Funzioni Accademiche, mandate al Sig. D. Francesco Carafa Principe di Belvedere, in ettere Capricciose al Sig. Principe di Sant’Agata D. Pietro Farao, in Dialoghi morali a’ Sign. D. Pietro, e D. Lorenzo Casaburo, suoi Amici, Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1666.
9 Tanto più che, a quanto ne so, fu l’unico salentino ad applicare originalmente questo genere alla commemorazione funebre, quasi una versione dotta dei “ricordi” in uso ancora oggi spesso con l’immagine del defunto (in passato un’altra con il tema cristiano della morte e della resurrezione) e una frase più o meno importante, per lo più una citazione di carattere sacro, raramente poche semplici parole. Da aggiungere anche all’originalità l’abilità nel trattare ripetutamente in modo non banale lo stesso tema. Al solito, dominante sottofilone filosofico-letterario, invece, è da ascrivere l’unico emblema di un altro salentino, il neretino Alberico Longo, inserito nell’opera di Achille Bocchi (alle pp. CCCXL-CCCXLI) registrata nella nota successiva a questa.
(FILOLOGIA SIMBOLICA. Dì che bisogna avere
grande indulgenza per le fatichea)
10 Wechel, Parigi, 1534. Solo nel corso del XVI secolo l’opera contò altre 8 edizioni. Ne seguirono 6 nel secolo successivo, in cui ne uscì pure una (la prima e l’ultima che conosco) con la traduzione in italiano di Giacomo Pighetti (tozzi, Padova, 1626). Dopo l’Alciato, solo per citare i nomi più importanti:
Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società tipografica Bolognese, Bologna, 1574
Cesare Ripa, Iconologia overo descrittione dell’immagini universali cavate dall’antichità et da altri luoghi, Eredi di Giovanni Gigliotti, Roma, 1593 (altre 8 edizioni nel secolo XVII)
Jean Jacques Boissard, Emblematum liber, Theodor de Bry, Francoforte sul Meno, 1593
Giorgio Camerario, Emblemata amatoria, Tipografia Sarcinea, Venezia, 1627
Non tardarono a mancare, data l’ampiezza di scelta del materiale pubblicato e del successo editoriale del genere, i compilatori fin dal secolo XVII; basti citare Filippo Piconelli, Mondo simbolico, Pezzana, Venezia, 1678 (650 pagine escludendo i corposissimi indici).
(FINE)
Per la prima parte (premessa): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria, Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
Per la diciassettesima parte (Filippo De Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/24/gli-arcadi-di-terra-dotranto-17-x-filippo-de-angelis-di-lecce/
Per la diciottesima parte (Mauro Manieri di Lecce) https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/02/gli-arcadi-di-terra-dotranto-18-x-mauro-manieri-di-lecce/
Per la diciannovesima parte (Felice Zecca di Lecce, Tommaso possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e NiccolòArnone di Alessano):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-19-x-felice-zecca-di-lecce-tommaso-possente-di-trepuzzi-riccardo-mattei-e-niccolo-arnone-di-alessano/
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